Incipit: La Nuova Era

L’incipit de “La Nuova Era” è un piccolo dono che mi auguro vi piacerà.

Buona lettura!

Incipit La Nuova Era di Aldo Parisi
Incipit La Nuova Era di Aldo Parisi – Foto di keepingdowntheunderground – CC BY-NC-ND 2.0

Scegli!

La voce rimbalzava da un lobo all’altro del cervello. Si aggrappava alla carne, alle viscere e alle ossa del cranio, mentre lunghe e dinoccolate dita mi stringevano ancora la gola e mi impedivano di respirare. Emisi un lungo respiro e mi massaggiai la base del collo. Non erano più lì, ma stringevano ancora.

La strada serpeggiava tra i marmi delle Alpi Apuane e il ciglio era talmente vicino che potevo vedere le ombre degli alberi invadere l’oscurità davanti alla luce dei fanali. La Golf di Dino correva tra curve a gomito e strapiombi di centinaia di metri, lassù, dove la riviera apuana si congiungeva con le montagne della Garfagnana.

Ancora non mi capacitavo di quello a cui avevo assistito a chilometri di distanza da lì. Erano passati pochi battiti di cuore, ma avevo elaborato millenni di tempo da quello che avevo avuto il coraggio di fare. Avevo preso una decisione che mi aveva portato sull’orlo di un baratro senza fine.

Avevo ucciso.

Lo avevo ucciso.

Era stata quella la mia scelta.

Avevo ucciso il mio amico Giulio.

Lui non era più lui, era diventato qualcun altro.

Era qualcos’altro.

“stai leggendo…”

Incipit de “La Nuova Era”

Mi aveva seguito, mi aveva affrontato, mi aveva implorato di porre fine alle sue sofferenze. Mi ero macchiato di un delitto, gli avevo trafitto il cervello e lo avevo lasciato inerme nel mezzo di un parco cittadino nel centro di Massa.

Gli avevo dato una seconda morte.

Scegli!

Avevo scelto di uccidere un vampiro. Un amico tramutato da quell’essere che ora stava accanto a me, con lo sguardo puntato sulla strada e la mente impegnata a cercare la mia giusta punizione. Il nocchiere della notte sfidava la strada a velocità decisamente sostenuta per i miei gusti. Se ci fossimo scontrati con un’altra auto o avessimo falciato un animale selvatico, le mie ossa si sarebbero sbriciolate all’impatto, mentre lui si sarebbe rialzato, mi avrebbe guardato con sufficienza, mentre i suoi organi vitali si sarebbero risanati e le ossa rinsaldate.

L’auto derapò alla curva a gomito della Campareccia, la preferita dai motard della domenica. Un suono secco mi abbracciò da dietro. Mi voltai verso il posteriore dell’auto. Dal parabrezza, due occhi di luce ci stavano seguendo a brevissima distanza.

Un’altra curva e un altro colpo.

Il sedile posteriore occultava la causa di quel rumore. Dietro la seduta, nel bagagliaio, celato ad occhi indiscreti, il cadavere di Giulio sbatteva ad ogni curva.

“Uccidimi, se puoi.” mi aveva implorato.

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